lunedì 5 dicembre 2011

Zhang Yin, che trasformò la carta straccia in oro

(Pubblicato su Uno sguardo al femminile)

Ogni giorno cumuli di carta straccia, scatole di cartone e materiale da imballaggio prendo il largo dal porto di Los Angeles diretti verso le coste cinesi. Un viaggio oceanico della durata di poco più di un mese che si conclude con una nuova partenza, questa volta in senso inverso. Dopo un accurato processo di riciclaggio, quei rifiuti tornano sull'altra sponda del Pacifico sotto nuove e più invitanti sembianze; ora come contenitori dei prodotti “made in China” si riversano sul mercato a stelle e strisce, pronti per essere rivenduti ai consumatori americani.

Un ciclo senza fine, dal valore di 3,8 miliardi di dollari, abilmente diretto da una regista d'eccezione: Zhang Yin - conosciuta in cantonese come Cheung Yan- questo il nome della regina del business “ecologically correct”, balzata agli onori della cronaca nel 2006 per aver conquistato il primo posto nella classifica dei paperoni nazionali stilata da Hurun, sorta di Forbes alla cinese. Prima donna ad ottenere l'ambito riconoscimento, con un capitale stimato intorno ai 3,5 miliardi di dollari (oggi schizzato oltre la soglia dei 5 miliardi), in un solo anno è passata dalla trentaseiesima posizione alla testa della lista, lasciandosi alle spalle la vasta schiera di tycoon in pantaloni che affollano il Regno di Mezzo.

Zhang- che nel 2010 ottenne anche il titolo di self-made woman più ricca al mondo, con largo vantaggio sulle più note americane Oprah Winfrey, Martha Stewart e l´autrice di Harry Potter, Joanne K. Rowling- è la fondatrice e principale azionista della “Nine Dragon Paper”, il colosso della carta riciclata, che oggi conta 1.700 impiegati e possiede una capacità produttiva annua di nove milioni di tonnellate di contenitori di cartone e materiale da imballaggio. Sebbene la facoltosa “chairwoman” abbia dovuto presto cedere lo scettro ad altri miliardari cinesi-quest'anno a salire in cima al podio, con un patrimonio da 9,3 miliadi di dollari, è stato Liang Wengen, cofondatore della società di macchine utensile Sany- tuttavia, secondo i dati raccolti dalle dogane, la filiale americana della “Nine Dragon Paper” continua ad essere la prima esportatrice in assoluto dagli Usa verso la Cina; un record, questo, che l'azienda di Zhang conserva gelosamenta da ben dieci anni consecutivi.

L'impero costruito su pile di carta straccia resiste nonostante i venti di default che spirano dal Nuovo Continente; e anzi, la sua ambiziosa imperatrice punta a renderlo ancora più grandioso, aspirando ad incrementarne la capacità produttiva sino al traguardo degli 11,45 miliardi di tonnellate annui.

I tempi in cui le donne cinesi erano sottoposte alla tortura dei piedi fasciati sembrano ormai distanti anni luce: oggi la bussola dell'emancipazione femminile segna Est. Le donne d'affari dei paesi emergenti, per lo più asiatici, stanno effettuando il grande sorpasso sugli uomini e le colleghe occidentali, come dimostra la classifica compilata da Forbes nella quale sette delle quattordici milionarie “fai da te” provengono proprio dall'ex Impero Celeste. Ma non solo. In Cina ben il 32% dei senior manager appartiene al gentil sesso, contro soltanto il 23% degli Stati Uniti e il 19% del Regno Unito.

Ma se è vero che “non è tutto oro quel che luccica”, vale anche il contrario: i travagliati trascorsi della signora Zhang lasciavano presagire tutto fuorchè un finale tanto glorioso.
Yin, nacque nel 1957 a Shaoguan, nella provincia del Guandong. Primogenita di otto figli, sperimentò un'infanzia di privazioni dopo che il padre, un tenenete dell'Armata Rossa, venne messo dietro le sbarre come “controrivoluzionario”. Erano gli anni della Rivoluzione Culturale e il diktat di Mao Zedong non concedeva sconti a nessuno.

Ma le difficoltà della vita non le hanno impedito di andare avanti, anzi, hanno temprato maggiormente il suo carattere. “La carne la vedevamo solo nelle feste nazionali-racconta- ma la povertà mi ha insegnato ad apprezzare il valore delle cose”. Dopo la morte del Grande Timoniere e l'inizio delle riforme di apertura by Deng Xiaoping, la giovane Yin andò in cerca di fortuna a Shenzhen, una delle “zone economiche speciali”, testa di ponte del capitalismo occidentale oltre la Grande Muraglia. Lì iniziò a lavorare nel commercio dei derivati della carta; poi, una volta apprese le tecniche del mestiere, nel 1985 fece fagotto e con 30 mila yuan in tasca (circa 3 mila euro) partì alla volta di Hong Kong, al tempo ancora colonia britannica. In un primo momento impiegata in un'azienda di Stato cinese di import-export -ancora una volta nel settore cartario- in seguito decise di mettersi in proprio con un capitale iniziale di poche migliaia di dollari.

Ma anche l'isola del Mar Cinese Meridionale le stava troppo stretta, e nel 1990 rifece le valigie, questa volta diretta a Los Angeles. In America conobbe il suo secondo marito: Ming Chung Liu, un dentista mezzo taiwanese mezzo brasiliano, insieme al quale decise di fondare la compagnia America Chung Nam che, con filiali a New York e Chicago, dal 2001 è la più grande esportatrice di carta degli Stati Uniti. Il suo Impero stava piano piano prendendo forma. Poi, il ritorno nella madrepatria, avvenuto nel 1995, suggellò la sua supremazia assoluta nel business del riciclaggio. Tenendo per le redini i suoi “Nove Dragoni”, Zhang Yin ha cavalcato l'onda degli strabilianti successi economici della Nuova Cina. Le sue fabbriche più importanti le ha collocate a Dongguan, nel Guandong, polmone industriale del Paese di Mezzo, e a Taicang, sul delta del Fiume Azzurro, vicino alla modernissima Shanghai.

La genesi del suo successo è da imputarsi ad un'intuizione geniale, condita con una buona dose di fortuna e un innato senso degli affari: per imballare le sue merci il Dragone ogni anno utilizza 40 milioni di tonnellate di cartone, di cui 20 milioni vengono importati dall'estero, pari al 60% dell'export mondiale di carta da riciclo. Colpa della deforestazione e dello sfruttamento massiccio di legname nel settore edilizio, che oggigiorno in Cina hanno reso la cellulosa un bene preziosissimo. Da qui l'idea geniale di sfruttare le trabboccanti discariche americane della raccolta differenziata: le scatole di cartone del “made in China”, dopo essere state aperte e gettate nell'immondizia, vengono rispedite al mittente, dal produttore al consumatore, e di nuovo dal consumatore al produttore, in un lucrosissimo moto perpetuo.

Una scelta vincente, quella del “business verde”, che, oltre ad essere molto redditizia, incarna perfettamente le linee guida del XII Piano Quinquennale (2011-2015), all'insegna di uno sviluppo sostenibile e del rispetto ambientale.

Donna volitiva, di un'eleganza sobria, Zhang Yin si discosta nettamente dalla maggior parte dei baofahu- i nuovi ricchi dagli occhi a mandorla- amanti del lusso e dello sfarzo. Lei veste tailleur pastello e golf girocollo nero, impreziositi soltanto da un filo di perle e un anello di diamanti. Parla perfettamente il “politichese” e intrattiene ottimi rapporti con i vertici della nomenklatura: membro del Congresso Nazionale del Popolo, è stata tra i primi capitalisti a fare il suo ingresso nell'assemblea legislativa della Repubblica popolare cinese (Rpc). I tempi sono cambiati, e oggi il mondo dell'imprenditoria e della politica intessono rapporti sempre più stretti. “Andate e arricchitevi, perchè la ricchezza è gloria”: le parole pronunciate dal Piccolo Timoniere alla fine degli anni '70 sono un po' il leitmotiv che ha accompagnato la modernizzazione cinese dell'ultimo trentennio. Ora che i dogmi sacri del marxismo-leninismo hanno ceduto il passo al “comunismo di mercato”, anche una donna d'affari come la regina della carta riciclata può ricevere la benedizione del Partito.

E lei non se lo è fatto ripetere due volte. In qualità di parlamentare ha immediatamente avanzato due proposte di legge pro-business: una per la riduzione del tasso delle imposte sui redditi di coloro che guadagnano mensilmente più di 100 mila yuan (quasi 12 mila euro)- volta a contenere il fenomeno dilagante dell'evasione fiscale- l'altra per l'estensione della durata dei diritti di locazione sui terreni fabbricabili affittati dallo Stato alle imprese. Ma non contenta, la signora Zhang è andata oltre, azzardando a mettere bocca sulla delicata questione della violazione dei diritti umani, piaga che ormai afflige la Cina quotidianamente. Una mossa, questa, che le è costata l'ostracismo della autorità, anche se per poco. Davanti ad una “lady di ferro” e ad un patrimonio a nove zeri, persino Pechino ha preferito fare buon viso a cattivo gioco.

Dunque, cosa ne sarà del colosso della carta straccia una volta che la sua imperatrice avrà deposto la corona? Zhang Yin doveva essersi fatta la stessa domanda quando decise di strutturare l'ossatura della sua società su base familiare, piazzando figlio e marito nel consiglio d'amministrazione.

Ma...“Non basta avere il mio cognome per ottenere il comando -avverte la tycoon cinese- desidero che la Nine Dragon Paper duri cent'anni, pertanto sceglierò il mio successore in base alle sue reali capacità.” E come dubitare?!

Determinata, visionaria, figlia della Nuova Cina, per lei trovare un degno erede non sarà certo cosa facile.

A.C


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